INDICAZIONI PASTORALI: CHIAMATI A CAMMINARE INSIEME

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MONS. ANTONINO RASPANTI SEGNA IL PERCORSO DELL’ANNO 2021-2022

Il vescovo mons. Antonino Raspanti propone alla comunità diocesana le indicazioni pastorali dell’anno 2021-2022 dal tema: “CHIAMATI A CAMMINARE INSIEME”. In continuità con gli itinerari pastorali proposti dal vescovo in questi anni, la vita delle nostre comunità in questo tempo difficile e complesso è invitata a ripartire in comunione, tenendo conto del prossimo cammino sinodale della Chiesa Italiana e di eventi rilevanti per la nostra Diocesi.

CLICCA QUI  e SCARICA le Indicazioni Pastorali 2021-22 – CHIAMATI A CAMMINARE INSIEME



Di seguito LE INDICAZIONI PASTORALI dell’anno 2021 -2022

CHIAMATI A CAMMINARE INSIEME

Carissimi Fedeli,

la consueta lettera d’inizio dell’anno pastorale ha il tenore di un invito, che proviene direttamente da Papa Francesco e felicemente ci coglie mentre viviamo due eventi significativi per la nostra Diocesi, i centocinquanta anni di vita diocesana (1872-2022) e l’adeguamento liturgico della Chiesa Cattedrale. Tutto ci riconduce a meditare sul nostro appartenere ed essere Chiesa.

1. Il Santo Padre ha convocato la Chiesa di Dio in un Sinodo dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione».

Il cammino si aprirà solennemente il 9 ottobre 2021 a Roma e il 20 ottobre nella nostra Diocesi. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari. L’interrogativo di fondo che il Papa pone è il seguente: come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
Non si tratta di una domanda riguardante un singolo aspetto della Chiesa o un settore della sua azione evangelizzatrice e pastorale; essa la abbraccia nella sua totalità e mira a una più piena attuazione dell’aggiornamento ecclesiologico del Concilio Vaticano II nel tempo a venire. «Il cammino della sinodalità – disse già il Papa nel 2015 – è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”. Camminare insieme – Laici, Pastori, Vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica (1)» ([1] Discorso del Santo Padre Francesco nella commemorazione del 50° anniversario dellistituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015).
La Chiesa Italiana, stimolata dal Santo Padre, già dalla scorsa primavera progettava un Cammino Sinodale da avviare con l’Assemblea generale dei vescovi italiani dello scorso maggio, in seguito al forte scossone provocato dalla pandemia. Si sono così intrecciate due chiamate, vero segno della voce dello Spirito, che vogliono destare da un torpore o uno scoraggiamento, che serpeggiano in tanti animi, per lanciare le comunità cristiane in un percorso che avrà un arco temporale che va dal 2021 al 2025. Esso sarà scandito da tappe che condurranno all’Anno Giubilare del 2025. Nei prossimi due anni pastorali, 2021-2023, il Cammino si avvia in sintonia con la preparazione del Sinodo dei Vescovi in un primo passo, che definiremmo “dal basso verso l’alto”. È coinvolto l’intero Popolo di Dio con momenti di ascolto, ricerca e proposta nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle aggregazioni ecclesiali e, possibilmente, anche in chi si sente o si pone in posizione più distante dalla Chiesa.
In Diocesi coniugheremo pertanto le istanze sia dell’appello papale sia del cammino della Chiesa italiana, riaccendendo in noi la passione per il Vangelo che induca a spargere semi di rinascita e di missione evangeliche. Anche presso il nostro presbiterio e presso le aggregazioni laicali, d’altronde, si auspica da tempo un necessario rinnovamento, che non può se non ripartire da una più decisa scelta di mettere Gesù al centro della nostra vita, personale e comunitaria. Camminare insieme e ascoltarsi, come pure semplificare le strutture ecclesiali, non avviene se ogni fedele non cura l’ascolto interiore tramite la preghiera personale, continua e metodica, della Parola di Dio e dei testi dei grandi santi, per avere in noi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Solo la fedeltà alla preghiera e alla lettura quotidiana come goccia d’acqua penetra e trasforma la roccia della nostra cervice dura. Ogni altro ingresso alla riforma della Chiesa che non parta da qui ci è precluso, fa perdere solo tempo e deteriora la Chiesa stessa.

2. Lo scopo non è produrre più documenti o convegni, bensì vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio.

«Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2,7)» . (2) [2] Discorso del Santo Padre Francesco nella commemorazione del 50° anniversario dellistituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015
Si riprende, perciò, la proposta del Concilio Vaticano II che riscopre la Chiesa nata dall’amore trinitario, in esso immersa, a questo sempre conducente e, quindi, incentrata nella comunione. Adesso, nondimeno, la focalizzazione sull’ascolto di ognuno e sulla sua partecipazione piena e responsabile all’unica missione della Chiesa, mi sembra che approfondisca ancor più il legame tra Trinità e Chiesa. Nella Trinità, infatti, non c’è singolarità della persona a prescindere dalla piena e perfetta comunione, cioè fuori dal radicamento in quell’unità che non è un’indistinta fusione di tre, ma interpenetrazione di un amore assoluto. Inoltre, nel Dio unitrino la comunione di persone distinte non cancella, non nasconde o distrugge la singolarità di ciascuna di esse. Ogni persona è tanto più se stessa quanto più è unita alle altre due, secondo un preciso ordine. Il Padre non è il Figlio e nemmeno lo Spirito, né le azioni, per quanto condotte sempre in comune e in unità, sono appropriabili casualmente a una o all’altra persona. Così sembra giunta l’ora che nella Chiesa si scopra e si attui sempre più e meglio l’unità delle e nelle differenze, che è il pieno compimento della stessa comunione trinitaria nell’esistenza delle persone umane.
Questa comunione non è certo frutto delle capacità e delle prestazioni umane, ancor meno si identifica con le simpatie o le strategie umane; essa va molto più a fondo, guarendo le ferite del cuore e della mente, riconciliando e aprendo a una libertà e gratuità che l’uomo non conosce, ma alle quali aspira. Il suo compiersi è anzitutto iniziativa e frutto della forza divina, lo Spirito, da cui la Chiesa è inabitata, alla quale risponde l’obbedienza/apertura umana per lasciarsi conformare al Figlio. La sinodalità vuole rivedere e migliorare, anche secondo le acquisizioni e gli sviluppi di due millenni cristiani, questa rispondenza, armonizzando in modo nuovo la fede del popolo, la guida dei pastori e il loro stare dinanzi al “mondo”, a tutta l’umanità, servendo il Regno che viene (la “Chiesa in uscita”). Essendo, nondimeno, opera dello Spirito, rimane chiaro che il processo parte dall’ascolto della fede della persona e da una conseguente disciplina di vita che rendono credibili il dire e il fare dei cristiani agli occhi della società. «La sinodalità dice non semplicemente e non soltanto un evento ecclesiale […] bensì una condizione costitutiva e perciò permanente della Chiesa, fraternità composita e plurale, i cui membri sono tutti, nessuno escluso, invitati e anzi tenuti a condividere la grazia di camminare assieme e, fattore ancora più importante, l’impegno di decidere l’orientamento da dare al cammino comunitario». (3)[3] M. Naro, Appunti sparsi per una teologia della sinodalità nel solco del magistero di papa Francesco, in «Quaderni Biblioteca Balestrieri» XVIII (2/2019) 29.

3. Illuminato dalla Parola e fondato nella Tradizione, il cammino sinodale si radica nella vita concreta del Popolo di Dio.

Presenta infatti una peculiarità che è anche una straordinaria risorsa: il suo oggetto – la sinodalità – è anche il suo metodo. In altre parole, costituisce una sorta di cantiere che permette di raccogliere fin da subito i frutti del dinamismo che la progressiva conversione sinodale immette nei singoli fedeli e nella comunità cristiana. D’altro canto non può che rinviare alle esperienze di sinodalità vissuta, a diversi livelli e con differenti gradi di intensità: i loro punti di forza e i loro successi, così come i loro limiti e le loro difficoltà, offrono elementi preziosi al discernimento sulla direzione in cui continuare a muoversi.
Uno dei documenti principali che aiuta a comprendere meglio la sinodalità è il testo della Commissione Teologica Internazionale “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, che espone quanto qui appena accennato. «L’ecclesiologia del Popolo di Dio sottolinea infatti la comune dignità e missione di tutti i Battezzati, nell’esercizio della multiforme e ordinata ricchezza dei loro carismi, delle loro vocazioni, dei loro ministeri. Il concetto di comunione esprime in questo contesto la sostanza profonda del mistero e della missione della Chiesa, che ha nella sinassi eucaristica la sua fonte e il suo culmine Esso designa la res del Sacramentum Ecclesiae: l’unione con Dio Trinità e l’unità tra le persone umane che si realizza mediante lo Spirito Santo in Cristo Gesù [LG 1]. La sinodalità, in questo contesto ecclesiologico, indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice». (4) [4] – Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 6. Cf anche il n. 43 del medesimo documento: «La Chiesa è de Trinitate plebs adunata chiamata e abilitata come Popolo di Dio a indirizzare il suo cammino nella missione “al Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito Santo”. La Chiesa partecipa così, in Cristo Gesù e mediante lo Spirito Santo, alla vita di comunione della SS.ma Trinità destinata ad abbracciare l’intera umanità. Nel dono e nell’impegno della comunione si trovano la sorgente, la forma e lo scopo della sinodalità in quanto essa esprime lo specifico modus vivendi et operandi del Popolo di Dio nella partecipazione responsabile e ordinata di tutti i suoi membri al discernimento e alla messa in opera delle vie della sua missione. Nell’esercizio della sinodalità si traduce infatti in concreto la vocazione della persona umana a vivere la comunione che si realizza, attraverso il dono sincero di sé, nell’unione con Dio e nell’unità coi fratelli e le sorelle in Cristo». –
Questa (la missione evangelizzatrice)  mi sembra la radice teologica e sociale degli obiettivi che ci si prefigge con il Sinodo dei Vescovi e con il Cammino Sinodale italiano, alcuni dei quali sono così descritti nei documenti pubblicati a supporto: riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della comunità e in favore dell’intera famiglia umana; sperimentare modi partecipativi di esercitare la responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più bello e più abitabile; esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo.
Alla luce di quanto detto, il processo sinodale è primariamente spirituale (avviene con e nello Spirito Santo), piuttosto che una raccolta di dati o una prova di forza teorica e pratica nell’individuare le soluzioni strategiche tendenti a far riprendere la Chiesa dalle difficoltà e dalle secche nelle quali s’incaglia. Si tratta, pertanto, di discernere l’ispirazione dello Spirito e seguirne docilmente i suggerimenti che emergono, seguendo, di certo, diligentemente procedure umano-divine, come è la natura della Chiesa. Qui individuerei uno dei nodi cruciali che noi stessi siamo chiamati a vivere negli anni a venire; lo esprimo ancora con le parole della Commissione Teologica Internazionale: «In conformità all’insegnamento della Lumen gentium, Papa Francesco rimarca in particolare che la sinodalità “ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico” e che, in base alla dottrina del sensus fidei fidelium, tutti i membri della Chiesa sono soggetti attivi di evangelizzazione. Ne consegue che la messa in atto di una Chiesa sinodale è presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero Popolo di Dio». (5) [1] Ibidem, 9. – vedi nota 4
Il cammino che si prospetta non possiamo che compierlo insieme; non sarà tale, o sarà un fallimento, se lo compissero da sole alcune componenti del Popolo di Dio, i fedeli oppure il vescovo con i presbiteri o il papa con i vescovi. È invece un singolare con-spirare tra fedeli e pastori, muoversi insieme sotto l’azione dello Spirito, che è immagine del con-spirare trinitario. L’esistenza dell’autorità è per servire, non per essere servita, come una piramide rovesciata con il vertice che sta sotto, dice Papa Francesco; il suo servizio è a garanzia della partecipazione responsabile di tutti i fedeli. Per questo il procedimento di consultazione che conduce necessariamente a delle decisioni si innesta in questa articolazione di fedeli e governo dei pastori. «Il processo sinodale deve realizzarsi in seno a una comunità gerarchicamente strutturata. In una Diocesi, ad esempio, è necessario distinguere tra il processo per elaborare una decisione (decision-making) attraverso un lavoro comune di discernimento, consultazione e cooperazione, e la presa di decisione pastorale (decision-taking) che compete all’autorità del Vescovo, garante dell’apostolicità e cattolicità. L’elaborazione è un compito sinodale, la decisione è una responsabilità ministeriale. Un pertinente esercizio della sinodalità deve contribuire a meglio articolare il ministero dell’esercizio personale e collegiale dell’autorità apostolica con l’esercizio sinodale del discernimento da parte della comunità». (6) [1] Ibidem, 69. – vedi nota 4

4. Nella preghiera, riflessione e condivisione, suscitate dall’interrogativo fondamentale, è opportuno tenere presenti tre piani su cui si articola la sinodalità come “dimensione costitutiva della Chiesa”:


a) il piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, che ne esprime la natura di Popolo di Dio che cammina insieme e si raduna in assemblea convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Questo stile si realizza attraverso «l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla sua missione». (7) [7] Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità, 70.
b) il piano delle strutture e dei processi ecclesiali, determinati anche dal punto di vista teologico e canonico, in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale a livello locale, regionale e universale.
c) il piano dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata dall’autorità competente, secondo specifiche procedure determinate dalla disciplina ecclesiastica.
Pur distinti da un punto di vista logico, questi tre piani rimandano l’uno all’altro e devono essere tenuti insieme in modo coerente, altrimenti si trasmette una contro-testimonianza e si mina la credibilità della Chiesa. Infatti, se non si incarna in strutture e processi, lo stile della sinodalità facilmente degrada dal piano delle intenzioni e dei desideri a quello della retorica, mentre processi ed eventi, se non sono animati da uno stile adeguato, risultano vuote formalità.
Ci attende un comune lavoro di riflessione e pratica pastorale insieme: ascolto, ricerca e proposte dal basso (ma anche dalla periferia), perché la lettura della situazione attuale e l’immaginazione del futuro diano lentamente nuova figura al corpo ecclesiale e alla sua presenza nella società. Avremo così una prima fase, “narrativa”, costituita da un biennio di ascolto di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”, attraverso la consultazione del Popolo di Dio nella maggiore ampiezza e capillarità possibili, per cogliere il sensus fidei; non bastano semplicemente gli strumenti della sociologia religiosa, ma sono necessari quelli del discernimento ecclesiale, i cui criteri sono compendiati in At 2,42: a) ascolto evangelico dell’insegnamento apostolico, lasciando emergere anche le domande di senso sollevate dalla pandemia, b) celebrazione dei misteri del Signore, c) proposte di preghiera, d) esperienze di fraternità, carità e missione (“buone pratiche”).
Lo stile ecclesiale rappresenta la sfida decisiva: esso dovrà essere attento al primato delle persone sulle strutture, alla promozione dell’incontro e del confronto tra le generazioni, alla corresponsabilità di tutti i soggetti, alla valorizzazione delle realtà esistenti, al coraggio di “osare con libertà”, alla capacità di tagliare i rami secchi, incidendo su ciò che serve realmente o va integrato/ accorpato. Tutti saremo chiamati a risvegliare quel sensus ecclesiae, che lo stile sinodale è chiamato a far crescere.
Il metodo sinodale favorisce alcune azioni pastorali, che si possono scandire nei tre momenti di “ascolto”, “ricerca”, proposta” e che dovranno attuarsi in una logica di collaborazione e condivisione. I momenti sono tra loro circolari e indicano un metodo che si impegna ad “ascoltare” la situazione, attraverso un’attenta verifica del presente, vuole “cercare” quali linee di impegno evangelico sono immaginabili e praticabili, intende “proporre” scelte concrete che la nostra Diocesi può recepire per il suo cammino.
In questa fase saranno protagonisti: gli organismi di partecipazione diocesani, gli uffici diocesani relativi ai diversi ambiti pastorali (in stretta relazione con gli uffici nazionali della Cei); le parrocchie nelle loro articolazioni (compresi gli organismi di partecipazione, in particolare i Consigli pastorali); gli appartenenti alla vita consacrata; le associazioni e i movimenti. Sarà necessario che questi soggetti ecclesiali animino i “gruppi sinodali”, i quali devono coinvolgere il più possibile anche persone che non sono o non si sentono “parte attiva” della comunità cristiana, per raccogliere “il frutto dello Spirito” e i germi di verità e bontà seminati nei cuori di tutti. Il lavoro sarà animato da un referente diocesano con una piccola equipe, che dovranno programmare e curare sia gli aspetti formativi sia le conversazioni e le consultazioni, per raccogliere infine il materiale e sottoporlo al vescovo e, quindi, passarlo alle autorità superiori. Come già è detto, sia la segreteria del Sinodo dei Vescovi sia la CEI ci offrono strumenti perché le suddette componenti ecclesiali possano essere supportate nel lavoro da svolgere. In ottobre partirà la formazione di coloro che animeranno la consultazione e la diffusione del materiale, in modo tale che da novembre fino a febbraio si realizzi questo primo ascolto capillare. In marzo avremo la sintesi che invieremo prima di Pasqua alla CEI.

5. Questa forte accentuazione di meditazione sulla Chiesa ben si lega con la ricorrenza dei centocinquanta anni di vita diocesana, alla quale sarà dato rilievo con apposite iniziative.

Il 3 giugno 1872 si dava attuazione alla bolla del 1844 con la quale si istituiva la Diocesi di Acireale. Da quel giorno ebbe inizio la vita diocesana nell’attesa della nomina e dell’ingresso del primo vescovo. Anche l’adattamento liturgico della cattedrale ha una forte valenza ecclesiale, perché la ridistribuzione degli spazi e degli elementi simbolici celebrativi si fonda ed esprime la consapevolezza del vissuto ecclesiale dei fedeli che in un periodo storico determinato lì si radunano per elevare le lodi alla santa Trinità. Anche questa opera sarà parte integrante della meditazione ecclesiologica, che auspichiamo conduca a un nuovo slancio missionario. Il Concilio, infatti, ha evidenziato il significato della cattedrale, quale spazio simbolico dell’unità diocesana: «Tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri» (SC 41).
Desidero augurare a tutti noi buon Cammino Sinodale, sotto la protezione della Vergine Maria, affinché infiammi i nostri cuori di passione per l’annuncio del Vangelo.

Acireale, 8 settembre 2021 Natività della Beata Vergine Maria
+ Antonino Raspanti

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8 Settembre 2021
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