Don Vittorio Rocca all’apertura della Cappella di San Sebastiano 

San Sebastiano - Acireale

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Don Vittorio Rocca, decano della Basilica di San Sebastiano in Acireale, in occasione dei solenni Festeggiamenti del santo compatrono all’apertura della Cappella

“Carissimo san Sebastiano,

il nome anticipa e descrive la tua personalità: Sebastiano deriva dal greco sebastòs, venerabile. E noi tutti siamo qui, come vedi, ad acclamarti e venerarti con intensa devozione ed emozione.

Tu provenivi da famiglia nobile: tuo padre, funzionario romano, era nativo di Narbona (Francia meridionale), tua madre milanese. Sei nato intorno alla seconda metà del III secolo a Milano, educato nella fede cristiana. Eri un cittadino d’Europa, nato da un incontro di culture diverse, aperto alla tolleranza e all’accoglienza. A Milano hai trascorso la tua giovinezza.

Ad un certo momento hai deciso di partire per Roma, dove hai intrapreso la carriera militare e riuscisti ad ottenere una delle più alte cariche della milizia militare: diventasti, infatti, tribuno della prima coorte della guardia imperiale. Onorato e stimato per la tua lealtà dagli stessi imperatori, Massimiano e Diocleziano, che erano all’oscuro della tua professione cristiana, sei riuscito, anche grazie alla tua alta carica, a garantire con discrezione, la protezione ai cristiani perseguitati, convertire militari e alti funzionari della corte, curare la sepoltura dei martiri.

Avresti potuto pensare solo alla carriera e arrivare ai posti più alti dell’Impero, ma tu ambivi a un solo “successo”, quello della diffusione del Vangelo.

La tua forza interiore provocò numerose conversioni e forse fu proprio questo a risultare più insopportabile agli occhi dell’imperatore, quando scoprì che eri cristiano.

Condannato a essere trafitto dalle frecce dei tuoi stessi commilitoni, sei sopravvissuto al supplizio e invece di fuggire ti presentasti a Diocleziano, scegliendo di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, ammonendolo per la persecuzione contro i cristiani. Fu così che l’imperatore ti condannò alla flagellazione: era il 20 gennaio dell’anno 304. Sono passati 1715 anni da quel giorno!

 

Carissimo san Sebastiano,

rieccoci anche quest’anno ai tuoi piedi.

La Festa è l’occasione propizia per riavvicinarci al Signore, per vivere la nostra fede cristiana.

La Festa di quest’anno è caratterizzata da ciò che è accaduto nel nostro territorio il 26 dicembre 2018: il terremoto. Un evento tragico, che ci ha riempito di macerie e di incertezze, di paura e di sconcerto. Che ha lasciato diverse famiglie senza casa. Che ha lasciato diverse comunità senza la casa di tutti che è la chiesa parrocchiale.

Ma vi sono “terremoti” di tutti i tipi. Prove, difficoltà, incomprensioni…Cosa hai da dirci – o glorioso martire Sebastiano – a noi che viviamo queste prove?

Quando, ad esempio, muore una persona cara, in quella famiglia non è come vivere un terremoto? Tutto sembra crollare. San Sebastiano, ti affidiamo i nostri morti, specialmente quelli che ci hanno lasciato nell’anno trascorso. Ti affidiamo l’anima benedetta del piccolo Alessandro.

Quando ci si imbatte nelle malattie, non sono forse queste come un terremoto? San Sebastiano, ti affidiamo tutti coloro che hanno bisogno di sostegno, di speranza, di una forza in più per affrontare la loro via crucis. Tu sai come siamo deboli e da soli non possiamo farcela. Ti affidiamo in particolare Sebastiano, Antonino, il piccolo Robertino, Irene.

Ma vogliamo anche ringraziarti per tutte le volte che abbiamo sperimentato la tua potente protezione, per tutte le volte che, nella prova, ti abbiamo sentito accanto. Ti ringrazia Davide, che dopo tanti anni è qui ai tuoi piedi, insieme con la sua famiglia. Li hai preservati dalla furia distruttiva di due uragani. Mentre erano in mezzo alla tempesta stringevano tra le mani la tua immagine. E sono qui per dirti grazie.

Ecco allora cosa ci dici di fronte alle prove, tu glorioso bimartire nostro protettore, tu lacerato dalle frecce, colpito a morte dai bastoni, ci dici: figli miei, fratelli miei non scoraggiatevi, non abbattetevi, non smarritevi, non perdete la vostra fede.

Ecco perché abbiamo bisogno di fare Festa, di sentirci popolo, di unirci nella prova per ritrovare slancio, fervore, entusiasmo, fraternità, fiducia, speranza.

Abbiamo bisogno che tu, san Sebastiano, ci indichi che la vera forza è nel Signore!

I nostri antenati hanno voluto dedicarti questa splendida basilica, questo scrigno prezioso; e qui, sopra la tua cappella, hanno scritto in latino il motivo del loro attaccamento a te. È scritto perché nessuno se lo dimentichi, perché nel corso delle generazioni, nessun acese si scordi chi sei tu e cosa hai fatto e fai per noi.

È scritto: “Qui regna il Comandante: le guerre, le carestie, l’orribile contagio della peste e ogni male lui allontana!”.

Tu non sei memoria del passato ma presenza amica. Tu sei il difensore che vogliamo avere, il patrono al quale ci affidiamo, il fratello che desideriamo avere vicino per giungere anche noi, con lui, alla gioia e alla gloria di Dio.

Ecco perché siamo qui, anche quest’anno, sotto i tuoi piedi, dopo quasi 450 anni, a gridare la nostra fede e ad accompagnarti per tutta la nostra bella Città durante il “giro”.

Tu, santo martire, tu nostro Comandante, ci dici ancora una volta che nella prova non siamo mai soli.

E allora, tutti insieme, tutti i nostri cuori oggi si uniscono in un cuor solo per gridarti ccu vera fidi: viva sammastianu!!!”

https://www.facebook.com/vittorio.rocca/videos/10216064380634943/

 

 

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8 Gennaio 2019
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