Da alcuni decenni le inchieste sociologiche italiane sulla religiosità e la spiritualità mostrano delle sensibili variazioni. Sempre più persone dichiarano di essere in cerca di spiritualità o di coltivare una vita spirituale, ma si nutrono alle fonti più disparate, tralasciando quelle cattoliche classiche, sia nei modi e nei metodi sia nei luoghi, parrocchie o monasteri e conventi o movimenti. A questo si aggiunge in quantità non trascurabile un sensibile mutamento dello scopo della ricerca o della pratica medesima: ritrovare l’armonia con se stessi, con il corpo e la natura, realizzare se stessi. È facile commentare che in chi dichiara questi scopi ci sia una forte ricerca che però rimane chiusa nel sé, nell’io; non c’è il porsi alla ricerca di un Altro oltre se stessi. In ogni caso ogni ricerca di felicità e benessere, di riconoscimento e armonia, di affetto e di abbracci è ricerca di Dio, sebbene spesso sia disordinata e sia rivolta solo alle creature, come sant’Agostino ammette nelle Confessioni.