Riflessione / Oscillare sulla santità

Settembre 2025

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Riflessione sul cammino della santità a cura di don Orazio Tornabene, a margine delle canonizzazione di San Pier Giorgio Frassati e San Carlo Acutis


Nel cammino di santità, cioè nella conformazione a Cristo, noi battezzati cerchiamo di avvicinarci a Dio vivendo il Vangelo. Ben presto, ci accorgiamo che non è cosa facile.

In passato si insisteva sulla necessità di “tagliare con tutto”: un richiamo radicale, certamente vero, perché se non si lasciano le reti si rimane impigliati. Oggi, però, sappiamo che la psiche umana conserva in sé le tracce delle esperienze vissute, nel bene come nel male. Così, lungo il cammino, l’entusiasmo iniziale può lasciare spazio alla fatica di lottare contro i fantasmi del passato o alla disillusione dei mostri del futuro incerto.

Se c’è un concetto pernicioso, anzi decisamente pericoloso, nella spiritualità è quello della cosiddetta “perfezione”. A me sembra la radice di tante nevrosi.

E, negli ambienti religiosi, quanti nevrotici e quante nevrotiche? Quanti infelici camuffati!

Quando parlo di “perfezione” non intendo la chiamata evangelica a tendere verso la pienezza dell’amore, ma il perfezionismo che diventa una gabbia psicologica e spirituale. La santità non è ossessione per l’essere impeccabili, che genera ansia e infelicità, ma è un cammino che accoglie i limiti e li trasfigura nell’amore di Cristo.

Gesù ci invita a essere “perfetti come il Padre” (Mt 5,48), cioè misericordiosi, capaci di amare senza misura: questa è la vera perfezione evangelica.

Il profeta Geremia ci fa da compagno quando esclama: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (Ger 20,7). Ma sperimenta anche il senso dell’abbandono. Lo slancio degli inizi, infatti, spesso si infrange contro la realtà, che non è sempre lineare né facile da percorrere.

Pertanto, anche noi iniziamo il cammino verso Dio così come siamo: con i nostri limiti, con le ferite dei sensi e della vita.

Non procediamo come maratoneti sicuri, ma piuttosto come funamboli: uomini e donne che avanzano su una corda sospesa nel vuoto della fede. Ogni passo comporta un’oscillazione, ora a destra ora a sinistra.

Questa è la nostra esperienza di discepoli. Oscilliamo tra possibilità e fallibilità: tra il possibile di Dio ed il fallibile dell’umanità. Eppure, non siamo giusti solo perché non cadiamo, né falliti quando accade di cadere.

La santità è proprio questo: restare sulla fune, affidandosi a Cristo che ci sostiene, e avere l’umile forza di rialzarsi e riprendere il cammino ogni volta che si cade.

Don Orazio Tornabene 

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10 Settembre 2025
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