CLERO / A Mascalucia il ritiro del presbiterio acese: giorni di silenzio, ascolto e preghiera

MASCALUCIA / 17-21 Novembre 2025

condividi su

Il benedettino Dom Alfio Catalano ha guidato la riflessione attraverso il Salmo 23 (22)



Si è svolto dal 17 al 21 novembre 2025 il ritiro spirituale annuale del clero acese, ospitato nella Casa di Esercizi Spirituali dei Missionari Passionisti di Mascalucia.

Una settimana segnata dal silenzio, dalla preghiera e da una meditazione teologica di alto profilo, guidata dal monaco benedettino Dom Alfio Catalano, figlio della Chiesa diocesana acese e precisamente di Giarre.

Nella giornata conclusiva di venerdì 21, il vescovo Antonino Raspanti si è unito ai sacerdoti, appena rientrato da Assisi dopo l’Assemblea della CEI. Il presule ha presieduto la Santa Messa di conclusione degli esercizi.

Le riflessioni proposte da Dom Catalano hanno ruotato attorno al Salmo 23 (22) – “Il Signore è il mio pastore”, letto alla luce delle intuizioni di Martin Buber, Sant’Agostino, John Henry Newman e Romano Guardini.

La domanda “adamitica” iniziale, “Dove sei?”, è divenuta chiave interpretativa dell’intero ritiro: non un rimprovero, ma l’appello di un Dio che cerca l’uomo, lo invita a riconoscere la propria vulnerabilità e, insieme, la propria dignità.

Suggestiva la rilettura della figura di San Pietro, descritto come l’uomo dei “due nomi” che rimanda alla spiritualità dei “due cuori”: quello piccolo segnato dalla fragilità (Simone) e quello grande dagli entusiasmi e dalle certezze (Pietro).

Solo accordando entrambe le dimensioni, ha sottolineato Dom Catalano, Pietro diventa davvero pastore capace di guidare.

Il presbitero, quindi, è chiamato a prendere coscienza di sé, sapendo che chi è in Dio “non manca di nulla”, perché è Lui a colmare il desiderio di pienezza. Tutto ciò che l’uomo possiede può essere orientato a Dio, per la sua gloria.

Il Salmo, poi, ha continuato ad accompagnare i sacerdoti in un itinerario esistenziale e di fede. Dom Catalano ha mostrato, infatti, come le immagini dei “pascoli e delle acque tranquille” rimandino al bisogno più profondo dell’uomo: essere amato e saper amare.

Un desiderio che trova il suo compimento in Cristo, fine ultimo dell’esistenza umana e presenza viva nella vita sacramentale della Chiesa.

L’opera di Dio che “rinfranca” è stata letta come il dono della libertà, una libertà orientata al bene. In essa, l’uomo scopre che Dio continua a ricrearlo interiormente, ridandogli la vita anche quando il peccato sembra spegnerla.

Il Salmo continua con la “guida” di Dio lungo il “giusto cammino” che è stata interpretata come il segno di una Provvidenza che non costringe, ma orienta.

Essa invita a vivere una spiritualità pienamente incarnata nella storia, capace di riconoscere la presenza di Dio nei passaggi concreti della vita.

In questo modo, il cuore del credente si accorda con quello di Cristo e contribuisce a edificare, giorno dopo giorno, il Regno di Dio, “per amore del suo nome”.

Una delle riflessioni più profonde ha riguardato il versetto centrale del Salmo. Dom Catalano ha spiegato che la valle oscura” rappresenta l’esperienza concreta dell’oscurità fisica e spirituale, delle difficoltà, delle prove e della morte: spazi dell’esistenza da cui l’uomo vorrebbe fuggire.

Tuttavia, la consolazione di Dio supera ogni ombra e sostiene anche nei momenti più critici.

Il bastone” e il vincastro” del pastore alludono agli strumenti con cui Dio guida e protegge: la Parola, la Santa Messa, i Sacramenti, le relazioni autentiche sono quei luoghi teologici in cui si rende presente.

Dio corregge non per punire, ha aggiunto il monaco, ma per plasmare il cuore dell’uomo, affinché maturi un nuovo modo di vedere, giudicare e agire. La sua guida è sempre segnata dalla misericordia.

Nella parte finale del Salmo, l’immagine del pastore cambia così come quella delle pecore. Non si trasforma la sostanza di Dio, ma si “trasfigurano” le relazioni, in un certo senso il pastore diventa re, in quanto ha uno scettro (bastone) e gli uomini “adulti” braccati da “nemici”: “Davanti a me prepari una mensa”, luogo della comunione piena e del dono totale.

Si fugge dai “nemici” di ogni tempo per andare verso un rifugio e la tavola è il porto sicuro, in quanto è salvezza.

Cristo, quindi, è la destinazione di ogni uomo che mira alla felicità: “cospargi di olio il mio capo” è segno di gioia, di purificazione, è il segno che diventa sacramento (Battesimo, Cresima e Sacerdozio) nell’orizzonte escatologico del pieno compimento.

0

La “coppa del calice che trabocca” diventa presenza della sovrabbondanza della grazia (“Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita”), mentre la promessa «Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni» indica la meta ultima del credente: una vita orientata verso la luce e la pace definitive. Dio rimane fedele all’uomo.

Nei giorni trascorsi a Mascalucia, il presbiterio ha respirato un clima di fraternità e ascolto. Il ritiro si è concluso con un senso condiviso di gratitudine e rinnovata responsabilità pastorale.

Un augurio speciale, infine, a Dom Alfio Catalano che, proprio nei giorni del ritiro, ha ricordato il suo anniversario di ordinazione sacerdotale.

A lui va il nostro grazie per la dedizione ed il servizio rivolti al clero acese.



Salmo 23 (22)

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.

Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.

condividi su

21 Novembre 2025
X