Riflessione di don Orazio Tornabene

Oggi la Parola ci invita a guardare dentro di noi: che cosa occupa il tempio del mio cuore?
Questa domenica, giorno del Signore, celebriamo la dedicazione della Basilica Lateranense.
Ma cosa significa per noi? Celebriamo la Chiesa viva, la comunità dei battezzati nella quale Dio continua ad abitare, non un semplice ricordare la costruzione di un edificio.
La Basilica Lateranense è segno e simbolo dell’unità della Chiesa su tutta la terra: unita nella fede, nella carità, nella speranza.
La prima lettura, dal profeta Ezechiele, ci presenta un’immagine bellissima: dalla soglia del tempio sgorga un fiume d’acqua viva che scende nella pianura e porta vita ovunque passa.
È il simbolo della grazia di Dio, che scorre nella storia e rinnova ciò che sembrava morto.
Come quell’acqua, così la Chiesa è chiamata a essere sorgente di vita, consolazione, speranza, guarigione.
San Paolo, invece, nella seconda lettura, ci ricorda una verità centrale:
«Voi siete tempio di Dio» (1Cor 3,16).
Dio non abita solo tra le quattro mura del tempio, ma nei cuori.
Le chiese di pietra sono importanti, perché custodiscono l’Eucaristia e ci radunano come famiglia, ma il luogo vero dove Dio desidera essere accolto è la nostra vita: la nostra casa, le nostre relazioni.
Il Vangelo ci porta al gesto forte di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio (Gv 2,13-22).
Perché Gesù è indignato? Perché il tempio, luogo della presenza di Dio, era diventato uno spazio di scambio, di calcolo, di convenienza.
Gesù grida: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!»
Queste parole sono rivolte anche a noi.
La fede non è una moneta di scambio.
La preghiera non è un baratto. Dio non si compra e non si vende. La Chiesa non è una struttura da gestire, ma una famiglia da amare.
E allora oggi la Parola ci invita a guardare dentro di noi: che cosa occupa il tempio del mio cuore?
C’è spazio per Dio oppure lo riempio di rumori, ansie, egoismi, bisogni di apparire?
Gesù non distrugge il tempio. Gesù purifica il tempio.
E questo è il desiderio che ha per noi: purificare, guarire, ricostruire ciò che è ferito o crollato dentro di noi. E aggiunge una promessa grandiosa:
«Il tempio vero è il suo corpo» e noi siamo membra del suo corpo.
La Chiesa è viva dove c’è amore fraterno, perdono, ascolto, solidarietà, accoglienza.
Se davvero siamo tempio di Dio, allora: le nostre parole devono edificare, i nostri gesti devono essere misericordiosi, i nostri occhi devono vedere il fratello, le nostre mani devono rialzare chi cade, il nostro cuore deve custodire Cristo.
È questa la Chiesa che il mondo attende: non potente, ma credibile; non ricca, ma accogliente; non perfetta, ma innamorata di Dio.
