Commento al Vangelo / XVIII domenica del tempo ordinario

3 Agosto 2025

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“Quello che hai preparato, di chi sarà?” Una domanda che smaschera la cupidigia e apre alla vera ricchezza.

Commento di Don Orazio Tornabene

La Parola di oggi ci pone davanti a una domanda scomoda, ma necessaria: “Quello che hai preparato, di chi sarà?”

Gesù la pronuncia alla fine di una parabola che potrebbe sembrare quasi banale: un uomo ricco che ha avuto un raccolto abbondante, progetta di demolire i vecchi granai per costruirne di nuovi, più grandi, e poi si dice: “Anima mia, hai a disposizione molti beni… riposa, mangia, bevi e divertiti”. Ma, quella notte stessa, Dio lo chiama “stolto”.

Perché?

Perché la sua vita era tutta ripiegata su di sé. Non vedeva nessun altro al di fuori di sé. Non una parola su Dio, non una relazione con gli altri, nessuna apertura alla solidarietà, un triste monologo narcisista.

Questo uomo ricco è lo specchio della vanità di cui parla Qoelet: “Vanità delle vanità, tutto è vanità!”

Vanità, in ebraico hevel, è come un soffio, una nebbia che passa, qualcosa di inconsistente. Chi vive accumulando solo per sé — denaro, oggetti, sicurezze, perfino riconoscimenti — costruisce su un’illusione.

La domanda — “Di chi sarà?” — non è solo provocazione, ma invito a cercare un altro fondamento. Non basta vivere per “avere”. Bisogna vivere per “essere”.

Gesù ci avverte: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia”.

Cupidigia è un termine che oggi rischia di suonare antico. Ma è più attuale che mai.

In greco si dice pleonexía e significa brama insaziabile, voler sempre di più, possedere senza misura.

Oggi la cupidigia non si manifesta solo nella ricchezza materiale, ma anche, e forse ancor di più, nella ricerca esasperata di successo, di visibilità, di approvazione.

Pensiamo al mondo dei social media: si rincorrono followers, likes, visualizzazioni. Ci si paragona agli altri, si costruisce un’immagine “perfetta” da mostrare e si prova frustrazione quando si è ignorati.

Ma tutto questo ci rende più felici? Oppure, come l’uomo della parabola, restiamo soli, a parlare solo con noi stessi, chiusi nel nostro io?

Quando il Vangelo ci dice: “tenetevi lontani dalla cupidigia”, ci invita a riconoscere questi meccanismi interiori che ci imprigionano.
Non è un invito a rifiutare il desiderio, ma a purificarlo, a orientarlo verso relazioni vere, verso una vita donata, non esibita.

San Paolo ci aiuta a capire dove orientare la vita: “Cercate le cose di lassù… non quelle della terra”. Ma “le cose di lassù” non sono astratte, sono concrete: l’amore, la fede, la giustizia, la misericordia, la fraternità.

Mettere da parte cupidigia, menzogna, egoismo, significa rivestirsi di Cristo, riconoscere che la vera identità non è quella che mostriamo agli altri, ma quella che riceviamo da Dio: “Cristo è tutto e in tutti”.

Il Vangelo si chiude con un monito e una proposta: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”.

Essere ricchi per Dio non vuol dire disprezzare i beni, ma usarli per amare. Non vuol dire fuggire dal mondo, ma abitare la realtà con occhi nuovi.
Tutto questo significa: investire nelle relazioni; coltivare legami veri; dare tempo e cura agli altri; vivere non da padroni, ma da usufruttuari.

Oggi Gesù ci offre una domanda salvifica:“Quello che hai preparato, di chi sarà?”

È un invito a verificare per chi viviamo, dove sta il nostro cuore.
In una cultura che ci spinge a possedere, mostrare, consumare, Gesù ci indica la via del dono, della sobrietà, della condivisione.
Solo se saremo capaci di essere “ricchi per Dio”, la nostra vita avrà davvero peso, sapore, eternità.

Buona Domenica.

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2 Agosto 2025
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