
Dio non resta distante, si lascia coinvolgere: è un Padre che ascolta e dona con amore.
Commento di Don Orazio Tornabene
Nelle letture di questa domenica, troviamo un Dio sorprendente. Un Dio che non ha paura di “contrattare” con l’uomo, che si lascia coinvolgere dalla sua voce, dalla sua intercessione, dalla sua preghiera.
Nella prima lettura (Gen 18,20-32), Abramo “gioca al ribasso” con Dio.
Parte da cinquanta giusti e arriva fino a dieci. Non è arroganza, non è furbizia: è fiducia nel cuore di Dio, è il desiderio che la giustizia non sia mai separata dalla misericordia.
Dio non si scandalizza, non si indispettisce, “sta al gioco”. E ogni volta che Abramo abbassa la cifra, Dio risponde con pazienza: “Non distruggerò”.
Questa pagina di Genesi ci mostra il volto di un Dio che ascolta, che tiene conto, che ama farsi toccare dalle suppliche dell’uomo. Abbiamo un Dio dal cuore aperto.
La preghiera è dialogo con Dio, e Abramo, come tutti gli altri padri e profeti, ci insegna a parlare.
Ma, sappiamo veramente pregare?
Nel Vangelo di Luca (Lc 11,1-13), i discepoli vedono Gesù pregare. Ne restano colpiti, tanto da chiedergli: “Insegnaci a pregare”. E Gesù risponde insegnando loro il Padre nostro.
La preghiera cristiana nasce dallo sguardo su Dio come Padre: non un giudice da convincere, non un sovrano da placare, ma un Padre da invocare con fiducia.
Inoltre, Gesù espone due immagini. Quella dell’amico insistente che bussa di notte e quella di un padre che non dà uno scorpione al figlio che chiede un uovo. Sono immagini forti: persino l’uomo, che può essere malvagio, sa dare cose buone ai figli. Quanto più Dio, che è buono in sé, darà lo Spirito a chi glielo chiede!
Il paragone tra il cuore dell’uomo e quello di Dio è impietoso, eppure incoraggiante.
L’uomo sa essere violento, duro, ingiusto. Tuttavia, davanti ai figli, spesso sa commuoversi, sa donare. Se l’uomo, pur limitato, sa amare… quanto più Dio!
Il Vangelo non ci propone una formula magica per ottenere miracoli, ma una via di fiducia, un rapporto vero. Pregare significa entrare in relazione con Dio che è Amore e sapere che non resteremo inascoltati, anche se la risposta non sarà sempre quella che ci aspettiamo.
Quindi, Abramo cambia intercedendo.
I discepoli cambiano imparando a pregare.
Noi cambiamo quando riconosciamo Dio come Padre.
In un mondo segnato da parole gridate, da risposte violente, la preghiera rimane il luogo in cui possiamo ancora ascoltare e parlare con verità, con libertà, con amore.
E lì, ogni giorno, scopriamo che Dio non solo dà cose buone, ma dona Sé stesso: il suo Spirito, la sua Vita, il suo Amore.
Don Orazio Tornabene